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Dieci poesie di Francesco Giardinazzo.

1.

MELODIA SULLA FINE DEL VENTO

L’onda precede il vento, nella sua fine. Stupiti guardiamo rincorrersi meraviglie impossibili. Crudo il cuore, s’illimpidisce ogni pietra di un amaro ultramarino senza fine o speranza. Terribile cosa, e mirabile, il cielo che consuma la terra.

2.

RELIQUIARIO

A filo di luce, il muro assetato sorveglia il salmo della pioggia. Sto per partire, amore, ma a distanza di sicurezza ti ascolto, come il fiore scaturito dalla pietra smossa dalle radici del tempo.

3.

INTRAVISTO IN UNA LETTERA

“…a quel prezzo
vengono solo i poeti”, scrivevi,
questo mescolare caldo e freddo
nella costanza del desiderio.
Le voci s’incrinano e svaniscono,
come pagine mai lette
introducono l’occasione
proiettano luce
dove la natura ama nascondersi.

La distanza nel pensiero
tesse frammenti di cielo,
una donna, musa leggiadra,
insegna l’errore e la sua salvezza
non ricorda chi oltraggia
il nero rumore che scrive
pagine come questa o altre,
qualcosa che affiora
invece di rimanere notte.

4.

CHE COSA PENSANO DELL’INFERNO

L’inferno ha un profilo d’esilio
una brevità d’incontro sufficiente
a immaginare l’eterno e la fine
ostinata, il tenero contraddittorio
prima di un addio, la luce
e la distanza straniere in un dolore
come questo, avido e prigioniero
di un destino.

5.

SENZA DOLORE

Dinanzi a questi paesaggi, il nido della pietà è martoriato. Ci si rassegna senza forze e senza condizioni in questa emergenza muta e sconsiderata, sorda ad ogni consiglio o lusinga. Nella sua distanza lei mi ripete immagini consuete, a volte per strani trasalimenti, altre per un febbrile edificio a me solo visibile e non ancora in rovina. Mi chiudo nel mio silenzio, mi stringo al tempo che ha questo da donarmi, tenendo presente nell’afflizione la generosità che non deve essere dimenticata. Gli sono amico, e credo che tutto sia stabilito da un ordine assaporato con umiltà nei giorni, fino ad un’abitudine che non riposa mai in se stessa ma chiede sempre, chiede altro, chiede che ancora ci si possa stupire delle piccole margherite che scaturiscono fra le pietre e promettono ancora. In qualche modo, credo che anche nel suo cuore tutto questo abbia luogo. Non oso chiamarla speranza: è troppo oltre le mie forze. Forse posso pensare di aver sognato che sia così, e mi basta. Sì, questa frase che trascrivo di nuovo mi accompagna sempre, adesso: “Questa è l’ultima conclusione della saggezza: merita la libertà e la vita solo chi sa conquistarla ogni giorno”.

Viste da qui, le stelle sembrano senza dolore, e nemmeno la notte è così dolce. Visto da qui, il passato sembra senza rumore, senza errori, tutto già fatto, tutto già detto. E così potrei andarmene, da qui potrei tornare dove non sono mai stato, e potrei ritrovarti, e sorridere con te, rivivere i miei giorni ad uno ad uno e non sapere mai quello che ora ho imparato. Non brucerà mai questo tempo come quello che da lassù sembra così, a ripensarti, senza più dolore.

6.

MEMORIA DI ODISSEO (DITTICO)

I
Il cerchio nella terra
è il tuo cuore

una trama d’astri
mi ha insegnato
a tracciarlo

come luce più certa

quella
che da lontano
penetra
ogni profondità
come in una eternità
sospesa
in questo mare
dove ti cerco

Il cerchio nella terra
è la mia dimora.

II

Amore,
mia primavera
innocente,
mio senso
di passione in passione
adombrato

ecco svelato
il silenzio,
la ragnatela
la devota maestà
che scrivo

il fiore e l’ombra
coltivando,
per tenerti con me
in trappole di vento
implacabili,
adagiata.

7.

A DAFNE

Non c’è fuoco più gentile
dei capelli che ravvivi con la bella mano
distante dal dio del mio passato
dalla passione di attesa innocente
indimenticato confine da dove
sorridi vincendo me
come nessuno mai
non per ferire ma illuminando
come un giorno farà il mare
sulle tue spalle nude.

8.

ERRARE / ERRORE

Quanto a me
la forza dell’errare
è un’ostia amara
nel digiuno di un tempo
imperfetto.

È
come una finestra
cieca
aperta
su tutti i paesaggi
contratti nella mano
che tiene il libro,
l’entroterra disperso
dell’errore.

9.

A RIMBAUD

Si vive così,
lo sai,
come lo sapevi da sempre,
guardandosi da due treni in corsa
dove confusa l’immagine si sfiora…

(forse era meglio davvero
dimenticarsi
-nella vita si lascia sempre una traccia,
un confuso sbilenco biglietto
di fretta).

Frange di luce e d’innocenza
xxxxbalenano fra magnolie e siepi smozzicate
xxxxxxxxsi trascinano dietro testamenti
xxxxxxxxxxxxdi voli oceanici
xxxxxxxxxxxxxxxxdisperazioni mai viste o dette, al largo
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxnel mare dove sfreccia l’ombra
xxxxxxxxxxxxxxxxdi un remoto pomeriggio,
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxobliquo di luce radente
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxlontano fra le isole del sud.

10.

ULTIMA

Siamo tornati
mio vento mia scrittura
oggi ancora è rosso
il fiore del melograno
come
all’inizio di un grido
la speranza.


Francesco Giardinazzo’s principal poetry collection is Il Sogno di Fidia (The Dream of Phidias), forthcoming at Almayer Edizioni. His lengthy bibliography includes translations from the ancient Greek as well as studies of Dante, Leopardi, D’Annunzio, Pirandello, Hölderlin, Flaubert, Broch, Pound, Ungaretti, Zanzotto, Pasolini, W. C. Williams, Heaney, and many other authors. He also writes about jazz and the fine arts, and is an active dramatist. He teaches Italian Literature and Communications at the University of Bologna. He lives in Forlì, Romagna.

English translations | Translator’s note | Index

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